Maratona di Roma 2014

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Raccontare una maratona non è facile, farlo a distanza di tempo, tanto, forse troppo, è ancora più difficile, ma ci provo. Roma 2014 è stata una gara molto particolare, sotto ogni punto di vista ha stravolto le mie aspettative, non so ancora, dopo più di un mese, se in positivo o negativo, fatto sta che le ha stravolte.

Inizialmente non volevo correrla Roma, dopo sole due settimane avevo in programma un’altra 42, Parigi, e l’idea di farmi due maratone a distanza di così poco tempo mi preoccupava. Però, come spesso accade, mentre i giorni scorrevano via veloci, una vocina nella testa mi diceva in continuazione che non potevo mancare, infondo Roma è stata la mia prima gara, la mia prima maratona, la mia prima volta di tutto, e poi va sempre onorata, è la mia città, gioco in casa, come faccio a non vivermela a pieno come durante una gara di questo genere.

Intento a preparare Parigi, nei meticolosi allenamenti dei mesi precedenti all’evento, lungo ogni kilometro penso e ripenso a cosa fare, non posso mancare, non voglio, ma il ricordo della fatica di Firenze è ancora vivo nella mia testa e non voglio rivivere un’altra giornata così sofferente. Non lo so, o meglio in cuor mio già lo so, ma cerco conferme e risposte.

Manca circa un mese, faccio qualche gara di preparazione, tra cui la RomaOstia, e mi convinco. Mi convinco con la peggiore delle bugie per noi runners, ovvero, vado, faccio un lungo per Parigi, e poi me torno a casa, non la finisco, si come no, certo…

La prima cosa che stravolge le mie aspettative è il percorso. Il tragitto viene svelato solo pochi giorni prima del via, piccoli accorgimenti quasi impercettibili ai più, ma determinati per noi. Prima cosa si parte qualche metro più avanti, secondo c’è un giro a ferro di cavallo sull’Ostiense in modo da passare sul ponte nuovo sopra la ferrovia, infine tolto il passaggio a piazza Navona, si va dritti verso il tunnel di via Trionfale e si evita la salita del campidoglio per arrivare su via dei fori imperiali direzione Colosseo e non viceversa. Bene, ok, percorso studiato nella mente e via. Secondo i miei calcoli devo mollare, per così dire, vicino l’Ara Pacis, ma alla partenza già so che non lo farò mai.

E’ la ventesima edizione, c’è il record di iscritti, tutto sembra perfetto e abbiamo anche una compagna d’eccezione che renderà questa gara ancora più bella, e impossibile da dimenticare, la pioggia. Già, altro elemento che ha stravolto la mia maratona, è stata la bellissima e maledettissima pioggia. Prima dello start un vero e proprio acquazzone si è abbattuto su tutti noi, poi lungo il percorso in diversi punti ci siamo rinfrescati, anche troppo, soprattutto per quanto mi riguarda in Prati, intorno al 21esimo kilometro e poi subito dopo l’arrivo. La gara va bene, decido volontariamente di non spingere per niente, non voglio stancarmi, ma è pur sempre una 42 e la stanchezza e la fatica fanno parte del gioco.

La prima metà l’affronto con la solita calma, sto bene, ho un piccolo cedimento intorno al ventesimo, ma vedo una persona cara e mi ricarico immediatamente.

Forte dell’esperienza delle due edizioni precedenti, la salita di Villa Glori, al km 28 circa, la faccio senza sbagliare, conosco un signore toscano, decido di correre con lui e il tempo e soprattutto i kilometri passano via veloci. Senza accorgermene sono di nuovo in centro, passiamo a piazza Navona e già si sente il profumo del traguardo, una volta finita l’interminabile via del corso ormai il peggio è passato. Il tunnel, nuova variante nel tragitto, lascia senza respiro, ma poi è tutta discesa fino all’arrivo. Una volta passato l’arco della fine e indossata la tanto attesa medaglia eccola di nuovo, cade un apioggia battente, io mi fermo un attimo, respiro, mi godo ogni instante, nella testa ripercorro i kilomentri appena fatti, non mi semra vero, sto ancor qui, non si molla mia.

Roma, come sempre è meravigliosa, chiudo la mia quinta maratona, sono felice, è stata bella, intensa, straziante e spettacolare, come questa città, i sampietrini, la pioggia, le tante, tantissime persone, il traffico, le risate, i momenti duri. Non potevo mancare proprio al suo ventesimo anno di vita, e lei la maratona di Roma mi ha ripagato con meglio non poteva, all’anno prossimo.

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Race for Life 2013

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Ci sono gare che ti rimangono dentro per la partecipazione, per il percorso impegnativo, per i viali che le compongono, per la  gente, per gli eventi legati ad esse,e poi ci sono quelle in cui si è in pochi, in cui ti guardi intorno e ti rendi conto di dover fare qualcosa di più per onorarle fino in fondo, gare che, anche se mosse da nobili motivi, non hanno quella partecipazione di massa di quelle iper sponsorizzate e corse dalla maggior parte delle società sportive. La Race for Life di Roma è stata una di queste. La corsa organizzata dalla maratona di Roma era alla sua terza edizione, ma la prima in pieno inverno, 6 km competitivi al centro della città eterna. Forse la vicinanza alle feste e la contemporaneità di altre gare, ne hanno condizionato la presenza, ma io ho voluto esserci. La distanza era l’ideale per me, 6 km con un pettorale, una corsetta senza strafare tra le strade della capitale, per finire al meglio il defaticamento post mezza maratona di Pisa. Decido di correrla con un fedele amico, alla sua prima vera esperienza in gara. Come ogni runner neofita è impazzito dietro tempi, percorsi, satelliti, scarpe. Sono settimane ormai che non parla d’altro, e solo chi vive questo sport in questo modo può capire quanto riusciamo ad essere monotematici.  Mossi da tanta voglia di fare domenica mattina sveglia presto, scarpe e via. Al nostro arrivo, zona terme di Caracalla, un tempio per i runners romani, c’è davvero poca gente. Andiamo a ritirare i pettorali, siamo il 66 e il 67, mai avuto in due anni di corse numeri così bassi. Facciamo colazione, ci cambiamo e in un attimo siamo pronti, sotto al gonfiabile. Ci giriamo intorno e ci rendiamo conto di essere pochi, pochissimi. Meglio penso, così posso fare la mia gara senza problemi. Poco dopo le 10 viene sparato lo start, un tocco al garmin e via, le gambe girano bene, via delle terme di caracalla termina prima di subito, poi saliamo lungo via Antoniana, la salita ci frena un po’ ma continuiamo senza problemi, giriamo lungo via baccelli e poi dritto su viale di porta ardeatina. Andiamo bene, senza troppi affanni restiamo sui 5,25. Il percorso ci porta su via guerrieri e poi di nuovo verso lo stadio delle terme, per poi rifare un secondo giro che completerà i 6 km totali. Intorno al terzo io sento una fitta al tendine, complice probabilmente il mancato riscaldamento prima della partenza, mi condiziona un po’ cedo il passo e invito Gianluca (il neofita) ad andare se vuole. Il quarto lo chiudo leggermente sotto i 6 al km, Gianluca è davanti di pochi metri, non mollo, andiamo senza freni, di nuovo salite e poi discese su va di porta ardeatina, l’aria è fresca, c’è una temperatura ideale per correre, respiro a pieno polmoni, è la mia vittoria, anche questa. In un attimo siamo sulla discesa finale, è fatta, ingresso dentro lo stadio, scatto sulla pista, che da sempre un emozione unica, e tagliamo il traguardo in 32, 36, buono, ottimo direi. Sorrisi pacche sulle spalle e la solita bella sensazione, quella che ti fa sognare, che ti permette di volare, e conquistare piccole soddisfazioni personali con solo un paio di scarpe da corsa ai piedi. Race for life 02 Race for life 01 Race for life 03  

7 km tra la storia

 

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Un allenamento non è una gara, lo so, non da quelle emozioni, quelle sensazioni, quei sospiri quei sogni di un pettorale, ma al tempo stesso può far sognare. Ieri per me è stato uno di quei allenamenti che ti regalano un sorriso, che ti fanno tornare a casa più felice e che ti fanno venir voglia di rimetterti subito le scarpe e ricominciare, perché sai che certe emozioni solo la corsa te le sa regalare. Esco di casa la mattina presto, decido, come quasi sempre, di fare subito la borsa per la mia corsetta, nella speranza di ritagliarmi qualche attimo di libertà in mezzo agli impegni quotidiani. La mattina scivola senza problemi, tra carte, telefonate, ordini, fornitori, clienti, insomma tutto nella norma, nella caotica routine che contraddistingue le vite di tutti noi. A pranzo devo andare dalle parti dell’Appia, mi rendo conto che ho tempo, sono le 3 devo tornare in ufficio non prima delle 5 quindi…si corre. Ora per chi è di Roma una delle tappe fisse per le proprie corse è il quadrilatero di Caracalla, in quelle vie centinaia di runners di tutte le età si danno appuntamento a qualsiasi ora del giorno, e preparano le loro piccole grandi imprese. Mi cambio, tolgo la giacca, la camicia e in un attimo sono con le miei dolci asics ai piedi. Faccio un giro completo del percorso, poi però decido di andare dritto, punto il Colosseo, fregandomene del traffico e dei turisti. L’anfiteatro Flavio mi si apre immenso davanti agli occhi, ed ecco che in un momento sto correndo le tante gare che mi hanno visto protagonista su quella maledetta ma tanto meravigliosa salita. Passo deciso il semaforo e scendo verso via dei fori imperiali, i turisti sono tanti, troppi, ma non importa, continuo spedito lungo la via più importante per i runners romani. Qui infatti c’è lo start e soprattutto l’arrivo della maratona di Roma, sogno letteralmente ad occhi parti. Mi immagino in mezzo a migliaia di persone, intento a rincorrere il mio sogno, sono un treno, non mi ferma nessuno, in un attimo arrivo a piazza Venezia, anche qui la mente va a quei 42,195 km, a quella mattina a quelle sensazioni. La mia corsa prosegue lungo via del teatro Marcello, via dei Cerchi e  di nuovo Caracalla, per 7 km di storia, di sogni, di emozioni. In men che non si dica sono di nuovo in macchina, giacca camicia, traffico, normalità, ma con un sorriso in più, pronto ad affrontare tutto quello che mi aspetta.

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Alba Race 2013

IMG_3368Quando un corridore inizia a partecipare alle gare, immediatamente si sente un’atleta. Non è importante con quale tempo si arriva, quale sia il tuo passo, la tua velocità, quanto fiatone hai o quante persone hai davanti o dietro, già solo il pettorale ti fa sentire tale. Poi lo start, l’arrivo, il fascino della partenza tutti insieme, lo scatto finale, il percorso, in qualche caso la medaglia ricordo, tutto aiuta in questo processo di auto convinzione non c’è niente da fare, a tutte le età, sfido chiunque a dire il contrario. Ci si sente atleti, è vero, ma mai come quando corri l’Alba Race. La gara più affascinate che c’è, partenza alle 5:30 di mattina con il cielo ancora buio e con le strade vuote. L’Alba Race è la gara che ti fa sentire un vero malato di corsa, ti fa svegliare alle 4, colazione, riscaldamento e via, ti fa percorrere tutto il foro italico, tempio dello sport italiano e soprattutto ti fa arrivare in volata sulla pista da atletica dello stadio Olimpico, il tempio, la casa dell’Atletica, la madre di tutte le arene, l’Olimpico con i suoi anni di storia, con la sua maestosità si apre per te, ti lascia entrare e tu non devi far altro che godertelo. Un percorso di 6 km tra i luoghi più importanti dello sport italiano, partenza dallo stadio dei marmi, accanto alle statue delle varie discipline, poi una volta preso lungotevere, lo stadio del nuoto e quello del tennis, poi ancora stadio dei marmi, prima da sopra poi da sotto, sulla pista, con quegli atleti che sembrano guardarti e darti la carica. E’ impossibile rimanere estranei, ti senti circondato da mostri sacri dello sport, e non puoi fare brutta figura, corri alzando lo sguardo sperando di fare bene, il cielo si sta schiarendo e tu sai che stai facendo del tuo meglio. Poi di corsa ancora verso lo stadio del tennis, giro intorno e via, lungo viale dei gladiatori, quasi un preludio al trionfo, senti l’odore dell’erba, senti il cuore che inizia a battere forte, in un attimo stai accelerando, entri nel tunnel, buio e poi immediatamente la luce. Resti quasi immobile, ti godi questo spettacolo immenso, intanto fai un giro lungo la tribuna Tevere, poi sotto la curva sud e il rettilineo finale, quasi tutto in apnea, perché non vuoi perderlo questo momento, vorresti trattenerlo con te come il respiro prima dell’arrivo. L’Olimpico ti guarda sembra gradire il silenzio di tanti atleti, si sente la sua approvazione, è vuoto ma è pieno di emozioni di sensazioni, è pieno di storie, corri come forse mai prima, sei li è l’unica nota negativa è che è già finito.  La mia gara questa mattina è stato questo, non voglio neanche parlare di tempi, che per altro non sono stati niente male, è stata un emozione, un sospiro trattenuto, un sogno, forse perché era ancora notte, forse non è successo, forse me lo sono solo immaginato, ma dove tra qualche ora Bolt correrà alla ricerca dell’ennesimo record io sono arrivato, riuscendo anche a togliermi le scarpe, volevo sentire quella pista morbida sotto i piedi, me la sono goduta, l’ho sentita, eravamo 1200 ma potevo essere da solo, non sentivo nulla, è stata la mia prima Alba Race e già non vedo l’ora di correre la prossima

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